Intervista al Dott. Cristiano Samueli ne Il Gazzettino del 29.09.2009 - Desistenza Terapeutica Italia - Associazione Italiana per le Decisioni di Fine Vita

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Intervista al Dott. Cristiano Samueli ne Il Gazzettino del 29.09.2009

Interviste al Dott. Cristiano Samueli




Cristiano Samueli, presidente dell’Associazione per le decisioni di fine vita: «Ma in questi casi servono domande più crude. Il linguaggio conta tantissimo»

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Martedì 29 Settembre 2009


“C’è chi muore nella totale disperazione per colpa di un vuoto informativo che lascia i cittadini nella totale inconsapevolezza sulla possibilità di andare incontro alla morte senza soffrire e senza farsi uccidere”. Cristiano Samueli, medico, presidente dell’Associazione italiana per le decisioni di fine vita - che da più di un anno ha messo in rete un sito sulla desistenza terapeutica (www.desistenzaterapeutica.it) - prende le distanze da due temi innanzitutto: da una parte l’accanimento terapeutico, dall’altra l’eutanasia. “Il concetto della dolce morte – spiega Samueli – non è ancora chiaro. Perché se lo fosse, e fosse altrettanto esplicito il fatto che l’eutanasia non reca in sé alcuna dolcezza, non ci sarebbe una popolazione tanto favorevole”.

Come dovrebbe essere posta, dunque, la domanda sulla fine di un’esistenza?
“Partendo dalla nitidezza di un concetto: optare per l’eutanasia, significa non avere scelta e farsi uccidere con un’iniezione di cloruro di potassio. E infatti, nella mia quotidiana esperienza, come medico e come animatore del sito sulla desistenza terapeutica che raccoglie circa quattromila contatti al giorno, nessuno, o quasi, è favorevole alla morte istantanea. Voglio essere più esplicito; la domanda dovrebbe essere questa: vorresti farti uccidere con un’iniezione letale? Oppure vorresti farti operare, andare sotto i ferri e soffrire prolungando la tua afflizione di fronte alla certezza che non ci sono speranze per salvarti la vita? Perché è evidente che neppure innanzi al tema dell’accanimento terapeutico non ci sia una sufficiente formazione- informazione”.

Allora, come possono essere trasmessi ai cittadini gli altri percorsi?
“Con una maggiore consapevolezza sulle possibilità che ogni essere umano ha di andare incontro alla morte con dignità e senza sofferenza. Si chiama desistenza terapeutica. Nessuno ti uccide e nessuno si accanisce sul tuo corpo già dilaniato. Semplicemente si sostiene un paziente malato terminale con cure palliative, con un accompagnamento alla fine dell’esistenza che tenta di alleviare il più possibile il male”.

Di cloruro di potassio, di accanimento e di desistenza si parla poco. Pare che su tutto domini un concetto più generico e pesante come un macigno: l’eutanasia.
“Non sono stati compiuti a sufficienza sforzi informativi da parte della classe politica e lo stesso vale per i media. Una cosa, però, gli organi di stampa sono riusciti a fare e mi sembra un traguardo importante raggiunto a vantaggio della popolazione. I casi della cronaca degli ultimi tempi, da quello Enlgaro a Welby, hanno ‘forgiato’ la sensibilità dei cittadini sul tema della morte. E ben lo dimostra il sondaggio con un aumento dei pareri favorevoli all’eutanasia. Ma, ripeto, sono convinto che le domande rispetto a questo argomento non dovrebbero essere così ‘aperte’, bensì schiette. Preferisce andarsene con una puntura di cloruro di potassio? Preferisce essere aperto e ricucito senza speranze, oppure accompagnato con dolcezza alla morte?”

Come predisporre allora un programma formativo per evitare errori di valutazione?
“Oltre ai media che hanno un compito estremamente strategico nella divulgazione della conoscenza, è la classe politica che dovrebbe prestare più attenzione alla volontà di sapere dei cittadini. Invece, oggi, i nostri amministratori sono convinti che i loro elettori siano dei bambini, che non vogliano parlare di morte, che siano immaturi per affrontare certi argomenti; come se il termine della propria esistenza si potesse esorcizzare non pensandoci. Peccato che poi il risultato sia spesso quello di morire nella totale disperazione. Proprio per l’assenza di una preparazione alla morte”.

Viene piuttosto spontaneo, quindi, parlare di testamento biologico.
“Tra molti anni probabilmente si potrà avere una disciplina ben strutturata in materia. Per ora l’attuale Ddl Calabrò sul testamento biologico sembra ancora lontano da una reale completezza. Un problema su tutti? La nutrizione artificiale è un trattamento medico e come tale deve essere sottoposto alla volontà del paziente. Il medico, quindi, non può decidere per il malato. Questo è contro la nostra Costituzione e contro il codice di deontologia medica”.

Annamaria Bacchin



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